PRIMO PIANOCARTOLINA DI UNA TRASFERTANEWS

Prossima fermata: Gravina

* Riproponiamo l’articolo pubblicato in occasione della trasferta a Gravina nel campionato scorso, debitamente aggiornato nella parte relativa ai “precedenti” e alla stagione in corso. Buona lettura.

Di Luigi Mazzoccoli

La squadra

L’FBC Gravina nasce nel 2013 con l’acquisizione del titolo sportivo della Real Gioia del Colle. Nel 2016 conquista la promozione in serie D. La squadra guidata da Raimondo Catalano – subentrato a metà della stagione scorsa e riconfermato quest’anno –  attualmente occupa il tredicesimo posto in classifica con 30 punti insieme al Gallipoli, è quindi in lotta per evitare i play-out. Il bilancio è di 7 vittorie, 9 pareggi e 13 sconfitte, con 38 gol segnati (il sesto miglior attacco del girone) e 41 subiti. Miglior marcatore è l’attaccante brasiliano Mateus Da Silva con 12 reti. Gioca le partite casalinghe al comunale “Stefano Vicino” che ha una capienza di circa 4.000 posti. Nelle 15 partite sinora disputate in casa ha ottenuto 5 vittorie, 8 pareggi e 2 sconfitte, con 20 gol fatti e 13 subiti. L’ultima sconfitta casalinga risale addirittura al 19 novembre scorso quando i gialloblù cedettero per 3-2 alla Paganese. All’andata al XXI Settembre-Franco Salerno il Matera vinse 3-1 con gol di russo, Infantino e Mokulu. L’unico precedente sul campo murgiano è quello della stagione scorsa quando il Matera si impose per 3-2 con autorete di Lauria e gol di Manu e Iaccarino.

La storia

Gravina è una cittadina di circa 43.000 abitanti nell’area metropolitana di Bari. Il suo nome è strettamente legato al territorio: sorge infatti sul ciglio e in parte all’interno di una forra carsica, la Gravina appunto. Non attendibile invece l’etimologia che si rifà allo stemma della città in cui compare la scritta in latino GRANA DAT ET VINA (“Offre grano e vino”). Le sue origini sono molto antiche, con testimonianze di presenze umane già nel Paleolitico ed insediamenti stabili nel Neolitico, in particolare sulla collina di Botromagno prospicente l’attuale centro abitato. Subì poi la colonizzazione peuceta prima e greca poi. In epoca romana divenne municipium e fu inserita nel tracciato della via Appia. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel V secolo fu presa e devastata dai Visigoti prima e dai Vandali dopo, che distrussero il centro abitato sulla collina di Botromagno e sul ciglio della Gravina: la città così inizio ad svilupparsi all’interno della stessa. In epoca normanno-sveva divenne capitale del giustizierato di Terra di Bari e Federico II la dotò di un castello, ancora presente appena fuori dalla città, dove soggiornava con i suoi ospiti prima e dopo le battute di caccia in territorio murgiano.  Dal XIV fino agli inizi del XVIII secolo fu feudo degli Orsini di Roma che la elevarono a ducato. Uno dei membri della nobile famiglia, Pietro Francesco Orsini nato proprio a Gravina, divenne poi papa col nome di Benedetto XIII.

Uno scorcio del centro storico di Gravina con la cattedrale sullo sfondo

Cosa vedere a Gravina

La concattedrale di Santa Maria Assunta, voluta dal conte Umfrido d’Altavilla nel 1092. Andò però distrutta tra il 1447 ed il 1456, prima a causa di un incendio e poi per il terremoto che sconvolse l’intera regione. Ci vollero trent’anni per avviare la sua ricostruzione, cui mise mano il vescovo Matteo D’Aquino (1482-1508). Tra il XVII ed il XVIII secolo ha subito all’interno vari interventi barocchi. Con regio decreto del 21 novembre 1940 la concattedrale è riconosciuta come monumento nazionale, mentre il 19 agosto 1993 papa Giovanni Paolo II la eleva alla dignità di basilica minore. Nasce in stile romanico con la classica divisione in tre navate scandite da colonne. Il soffitto è in legno intagliato e dorato, in stile barocco. Diverse sono le cappelle laterali, tra cui quella dedicata a san Michele Arcangelo, patrono della città; queste cappelle sono impreziosite da altari di marmi policromi, per lo più del 1700, ed opera del napoletano Francesco Cimafonte. Nel presbiterio è un importante coro ligneo del 1561 e un grande organo. Al di sotto si trova un’altra chiesa a tre navate dedicata alla Santa Croce, conosciuta come “soccorpo della cattedrale”. In essa vi sono resti di affreschi del Cinquecento ed un altare in pietra del Seicento.

Il complesso rupestre di Madonna della Stella, con l’omonima chiesa scavata nella roccia in epoca medievale. Così denominata perchè all’interno fu ritrovato un affresco raffigurante la Madonna col bambino con una stella sulla fronte. Si raggiunge dal centro storico percorrendo il monumentale Ponte acquedotto che attraversa la gravina.

La chiesa rupestre di San Michele alle grotte, scavata in un grande masso è stata frequentata fin dall’VIII secolo. Adagiata sul lato del burrone dove si dipana il caratteristico Rione Fondovico, la chiesa è accessibile attraverso un ingresso laterale e, dall’esterno, è possibile percorrere un corridoio panoramico affacciato su un incantevole scorcio di habitat rupestre. Internamente è a cinque navate, lo spazio è scandito da 14 pilastri, e sono ancora visibili tracce di affreschi quali la Crocifissione e la raffigurazione di Cristo tra i santi Paolo e Michele. Dalla cripta si accede a una cavità in cui sarebbe stato consumato l’eccidio dei gravinesi da parte dei saraceni nel 999. I resti ossei sono rimasti a lungo nella chiesetta, convertita per qualche tempo in cimitero.

Il Palazzo Pomarici Santomasi, sede dell’omonima fondazione, nel cuore del centro storico. Al pian terreno si trovano le sale destinate agli abiti d’epoca della nobile famiglia locale e alle maioliche. Di assoluto interesse artistico la cripta di San Vito Vecchio, grande esempio di arte rupestre medievale, qui ricostruita nel 1968 dopo lo stacco da una chiesa rupestre locale. Al primo piano  l’appartamento rappresenta un esempio di vita vissuta della famiglia Pomarici Santomasi, disposto in sette sale, con mobilio in stile barocco, per lo più del seicento e settecento napoletano. Al secondo piano il museocon la collezione archeologica con importanti e preziose collezioni di ceramiche e reperti bronzei scoperti negli scavi eseguiti sull’area di Botromagno datati dal VII al III sec. a. C.. La pinacoteca annovera oltre 250 tele tra cui il “San Sebastiano” di Ludovico Carracci del 1599, la “Madonna col Bambino” e la “Disputa di Gesù tra i Dottori”. Infine una ricca collezione di armi e cimeli militari e un importante sezione di numismatica, con monete che risalgono fin al periodo magno-greco, quando in loco si batteva moneta.