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Prossima fermata: Brindisi

di Luigi Mazzoccoli

La squadra

La Società Sportiva Dilettantistica Calcio Città di Brindisi nasce dalle ceneri delle precedenti compagini calcistiche locali nel luglio 2011 e da allora ha sempre militato in serie D. Ma il calcio nella città salentina era nato un secolo prima, nel 1910, con la fondazione del Brindisi Football Team. Numerose le stagioni in serie C e ben 6 quelle in serie B, tutte negli anni ’70. Quest’anno la squadra del mister Ciro Danucci era partita con dichiarate ambizioni di promozione e attualmente occupa il quarto posto in classifica con 47 punti (6 in meno della capolista Cavese), frutto di 13 vittorie, 8 pareggi e 5 sconfitte, con 43 goal segnati e 24 subiti. Il miglior marcatore è D’Anna con 6 reti.  In casa ha ottenuto 27 punti, grazie a 8 vittorie, 3 pareggi e 2 sconfitte, con 23 reti segnate e 9 subite. Nella rosa brindisina ci sono 2 ex biancoazzurri: l’attaccante Dammacco e il centrocampista Triarico.

I precedenti

Come ci ricorda Materacalciostory, sono 22 i precedenti tra le due squadre al “Fanuzzi”: 9 i pareggi, ben 12 le vittorie brindisine e solo una per il Matera, proprio nella prima partita, nel campionato di IV Serie 1953-54, conclusasi 3-2 per i biancoazzurri; 15 i gol materani contro i 29 dei brindisini.

La città

Brindisi è una città di circa 83.000 abitanti sita sulla bassa Costa Adriatica pugliese, capoluogo dell’omonima provincia. L’antica Brundisium romana era il più importante porto dell’impero verso l’Oriente, tanto che vi si giungeva da Roma attraverso la Via Appia.

Crocevia culturale, diede i natali al poeta Marco Pacuvio, il più grande tragediografo latino; Giulio Cesare ed Ottaviano vi si imbarcarono per aggiungere l’Egitto; Marco Tullio Cicerone vi sostò in quanto ospite di Lenio Flacco e qui scrisse le Lettere Brindisine; vi si trattenne Orazio, accompagnato da Mecenate; fu meta dello sbarco di Agrippina con le ceneri di Germanico; il celebre poeta Virgilio vi morì il 21 settembre 19 a.C., di ritorno da un viaggio in Grecia.

Il suo declino iniziò con la caduta dell’Impero Romano, quando fu occupata dai Goti prima, dai Longobardi poi, assediata dai Saraceni, riconquistata dai Bizantini, prima di finire sotto il dominio normanno-svevo a partire dall’XI secolo. La città rivisse così i fasti dell’epoca imperiale: divenne definitivamente sede arcivescovile e fu quindi dotata di cattedrale, oltre che di un castello; il suo porto divenne scalo di partenza dei Crociati per la Terra Santa. Fu proprio nella Cattedrale di Brindisi che ebbero luogo le nozze del principe normanno Ruggero, figlio di re Tancredi e quelle dell’imperatore Federico II di Svevia con Isabella di Brienne. E sempre Federico II partì proprio dal porto brindisino nel 1227 per la sesta crociata.

Dal 1496 al 1509 appartenne a Venezia per poi passare sotto il dominio spagnolo. Proprio in questo periodo iniziò una lunga fase di declino, di pari passo al progressivo impaludamento del porto. Con la successiva dominazione borbonica si ebbe invece una nuova fase di crescita economica: nel 1775, sotto Ferdinando I delle Due Sicilie, fu riattivato il canale d’uscita del porto interno e furono risanate le paludi adiacenti alla città.

L’annessione al Regno d’Italia nel 1860 e l’apertura del canale di Suez nel 1869 portarono a Brindisi una linfa vitale nuova: divenne infatti il terminale preferenziale per la Valigia delle Indie e importante snodo mercantile per la grande ex colonia britannica. Tra il settembre 1943 e il febbraio 1944, successivamente alla fuga di Vittorio Emanuele III da Roma, la città offrì rifugio all’intera dinastia, divenendo per sei mesi sede temporanea del governo.

Il castello svevo

Cosa vedere a Brindisi

La cattedrale dedicata a San Giovanni Battista, consacrata dal papa Urbano II nel 1089 e completata nel 1143. Fu pesantemente danneggiata dal terremoto del 1743[ e ricostruita tre anni dopo, in seguito è stata sottoposta a numerosi restauri. Dell’impianto romanico è rimasta la planimetria basilicale – tre navate senza transetto – insieme ad un cornicione sostenuto da teste di elefanti sull’abside destra. In alcuni testi viene citata la presenza di un vaso, ritenuto una delle sei idrie delle nozze di Cana (menzionate dal vangelo di Giovanni), portato a Brindisi dai crociati. Negli anni venti fu completata la facciata con un timpano. Negli interni si possono trovare frammenti del pavimento musivo del 1178, il coro in legno del 1594 realizzato da intagliatori locali, il fonte battesimale del XVI secolo e alcune tele settecentesche. Nella cappella dedicata a san Teodoro d’Amasea, patrono della città di Brindisi assieme a san Lorenzo, sono custodite le spoglie mortali del martire. La basilica ha subito recenti lavori di restauro ed è stata riaperta al culto il 18 novembre 2007.  Accanto alla cattedrale, si innalza il campanile, ultimato nel 1795 e dall’altra parte l’episcopio ed il palazzo del Seminario, costruito nel XVIII secolo.

La chiesa di San Giovanni al Sepolcro, edificio romanico nel centro storico della città, chiuso al culto ma aperto al pubblico. Di epoca normanna, fu forse eretto nell’XI secolo da Boemondo di ritorno dalle crociate come vuole la tradizione locale. Dal punto di vista architettonico la forma della chiesa riporta ai modelli diffusi nell’Italia del medioevo delle chiese circolari o di forma ottagonale. Queste ultime erano spesso ispirate alla Rotonda dell’Anastasis, l’edificio circolare costruito in quell’epoca intorno al Santo Sepolcro a Gerusalemme, oggetto di secolare protezione da parte dei Crociati. Le pareti perimetrali sono costituite da grossi conci di carparo. Notevole il portale principale architravato e con gli stipiti riccamente ornati di rilievi: sono presenti scene di lotta tra animali mitologici e reali, scene che rimandano all’Antico testamento (Sansone, Noè), e la raffigurazione di un guerriero normanno riconoscibile dallo scudo lungo ed ovale. Nell’interno, con pianta a ferro di cavallo, un giro di otto colonne di marmo cipollino e di granito dai capitelli svariati (alcune di provenienza antica), sostiene il tetto, ricostruito nel restauro in luogo della cupola centrale crollata; attorno gira l’ambulacro. Alle pareti ci sono resti di affreschi (Deposizione di CristoMadonna col BambinoSan Giorgio e altri Santi) attribuibili al XIII-XIV secolo.

Le colonne romane presso il porto della città. In origine erano due colonne gemelle, un unicum nel panorama architettonico dell’antichità. A seguito del crollo di una delle due nel 1528, il monumento è rimasto mutilo. Quanto all’epoca di costruzione, la diversità dei marmi impiegati, l’evidente uso del reimpiego in diverse parti, la inusuale iconografia con i busti di divinità pagane in funzione di telamoni e le risultanze degli scavi archeologici nei dintorni, fanno propendere per una datazione piuttosto posteriore all’epoca imperiale romana, non escludendo una sistemazione finale in epoca bizantina. Per lungo tempo le colonne sono state ritenute terminali della Via Appia, ma in realtà l’ipotesi più probabile è che abbiano funzionato da faro. Il materiale utilizzato è il marmo proconnesio e l’altezza è di circa 19 metri.

Il Castello Svevo, a ridosso del centro storico di Brindisi, si affaccia sulla parte interna del porto cittadino, a difesa anche di quest’importante area della città. L’origine della costruzione è da riferire all’età sveva, proprio negli anni in cui è attestata la presenza di Federico II a Brindisi, tra il suo matrimonio con Jolanda di Brienne (1225) e la partenza della sesta crociata (1228). Carlo I d’Angiò provvide al suo restauro, con la sopraelevazione delle torri, e all’edificazione di un palazzo reale al suo  interno (1272-1283). Si deve a Ferdinando I di Napoli il primo ampliamento del maniero brindisino nella seconda metà del XV secolo, con la  costruzione di un’ulteriore cinta muraria, più bassa e più spessa della precedente, munita di torrioni bassi e circolari dotati di scarpa. Il precedente fossato venne coperto da volte e furono creati così nuovi ambienti, adatti ad ospitare uomini in arme, ma anche la popolazione in caso d’emergenza. Nel corso del XVIII e XIX secolo è stato adibito a penitenziario, poi a Comando della Marina Militare, subendo alcuni interventi di adattamento, ma conservando intatta la struttura.